mercoledì 27 agosto 2008

BASTA ITALIA, BASTA INPS


La situazione catastrofica dei conti previdenziali dell'INPS e l'incertezza assoluta per il futuro delle vecchie e nuove generazioni obbligano l'Autorità di Autogoverno del Popolo Veneto ad una presa di posizione seria ed efficace per catturare la fiducia di chi ha lavorato e pensa alla giusta pensione e di chi sta lavorando, perchè non sia schiavizzato, in futuro, dai debiti contratti dall'INPS nel presente e passato.

L'attuale sistema pensionistico italiano deriva da quello ottocentesco applicato nella Prussia di Bismark, cioè a ripartizione, che consiste nel fatto che i contributi pensionistici versati mensilmente dai lavoratori odierni, vengono trasferiti immediatamente ai pensionati attuali. Tale sistema poteva essere ottimo 50 anni fa quando per un pensionato c'erano 7 lavoratoti attivi che versavano i contributi e le prospettive di vita media erano molto più brevi di quelle odierne.

Oggi, in Italia, il rapporto è di un pensionato per 1,7 lavoratori attivi, ma se noi consideriamo che gli statali e i parastatali non producendo ricchezza non incrementano il monte contributivo, questo rapporto si avvicina moltissimo ad 1:1 con la conseguenza reale che ogni lavoratore del privato ha in carico quasi un pensionato.

La situazione è aggravata da due fattori esterni;

1) la riduzione delle nascite (da qui nasce la criminale politica in favore della immigrazione di massa, unico modo per tenere in vita il sistema italia e tutti i suoi parassiti);

2) la vita delle persone che si allunga (50 anni fa la vita media era 60 anni ora 75, con conseguente rendita pensionistica aumentata di 15 anni).

Non potendo innalzare all'infinito l'età pensionabile e crescendo costantemente il numero delle pensioni non sarà altresì possibile aumentare le tasse senza limite e prima o poi lo stato italiano sarà costretto a ridurre i benefici promessi.

Il risultato sarà che le vecchie generazioni, con il loro patrimonio di diritti acquisiti e garantiti si troveranno in conflitto esistenziale con le nuove, che a differenza delle prime, non avranno nessuna certezza futura se non quella di un carico fiscale mostruoso e insostenibile. Il tutto diventa più chiaro se consideriamo che gli obblighi previdenziali non capitalizzati (debiti INPS non dichiarati), secondo dati ufficiali OCSE, superano, in Italia, il 200% del PIL (sono 2 volte il PIL). Ecco il buco nero che si ingoierà questo stato, illegittimo fin dalla sua nascita, generatore di debito pubblico da prima del suo esistere visto che il Regno dei Savoia ha portato in dote un debito enorme, che in 150 anni di unificazione ha risucchiato le floride economie degli stati preunitari oltrechè generare l'attuale terzo debito pubblico più alto al mondo.

L'Autogoverno del Popolo Veneto è l'unico soggetto politico, per il fatto di non intrattenere e non avere mai intattenuto rapporti compromettenti e ricattatori con quelle classi che costituiscono il naturale nemico della privatizzazione tanto radicato nel sistema Italia, che può e deve mettere in atto il nuovo sistema previdenziale nazionale veneto.

Come già verificatosi in altri Paesi, CILE capostipite, il nemico della riforma previdenziale è quel cartello di classi accentratrici che traggono linfa e vita dal sistema previdenziale a ripartizione.

Esse si possono elencare in:

1) gli interessi costituiti che perderebbero i propri privilegi;

2) gli ideologi di sinistra contrari geneticamente a tutto ciò che è privato;

3) i burocrati dell'amministrazione statale della previdenza sociale che sarebbero costretti a guadagnarsi da vivere nel privato;

4) i sindacati che sarebbero privati di gran parte del loro potere politico ed economico;

5) i politici professionisti contrari alla riduzione dell'entità e dei poteri dello stato.

Il modello di riforma a cui ispirarsi è quello cileno o sistema di capitalizzazione individuale.

Attualmente lo stato italiano trattiene dalle buste paga dei lavoratori, tramite il datore di lavoro (sostituto d'imposta) sotto forma di contributi previdenziali, il 33% del loro reddito. Con la riforma Veneta queste somme saranno consegnate tutte in busta paga al lavoratore che avrà l'obbligo di accantonare, ogni mese, il 10% del proprio stipendio (la differenza tra il 33% attuale e il 10% futuro costituirà aumento di stipendio) versandolo in un conto a capitalizzazione individuale di sua proprietà. Le somme saranno versate, non allo stato Veneto, ma a società finanziarie che avranno cura di reinvestire nel mercato finanziario, i capitali raccolti, con il doppio scopo: quello di immettere costantemente nel mondo economico nuove e continue risorse e quello di ricapitalizzare le somme investite. Lo Stato Veneto avrà l'obbligo di supervisionare le aziende che effettueranno gli investimenti. Il beneficio sarà enorme per lo Stato Veneto: economia con flussi costanti di nuovi capitali per innovazione e ricerca, Prodotto Interno Lordo Veneto con incrementi inimmaginabili e conseguente aumento delle entarte fiscali con aliquote massime del 20% e importante ricapitalizzazione dei fondi pensionistici.

Il lavoratore che abbia accumulato un minimo di pensione , almeno il 50% della media decennale degli ultimi stipendi, potrà andare in pensione senza vincoli di età e potrà lavorare senza ulteriormente versare oneri contributivi previdenziali. Il lavoratore potrà ritirare i capitali versati e maturati, in unica somma liquidatoria al momento della pensione o tramite prelievi mensili programmati (rendita vitalizia). Le somme non incassate per morte saranno a disposizione degli eredi.

Sarà garantirà una pensione minima per chi avrà versato almeno 20 anni di contributi e per chi avrà versato meno di 20 anni sarà garantita, dallo Stato Veneto, una pensione sociale minima.

Transizione.

Lo Stato italiano dovrà tener fede agli impegni assunti nei confronti di tutti quei lavoratori veneti che hanno versato nelle casse degli enti previdenziali italiani i loro contributi, o garantendo loro una rendita in base ai capitali versati o consegnando i capitali versati dai contribuenti veneti, opportunamente ricapitalizzati, all'Autorità di Autogoverno del Popolo Veneto che deciderà gli opportuni reinvestimenti. La stessa cosa dicasi anche per quei cittadini Veneti che abbiano versato nelle casse previdenziali italiane somme minime non costituenti, per lo stato italiano diritto ai fini pensionistici.


Daniele Quaglia
Presidente LIFE Treviso


Concetti liberamente elaborati e tratti da: "Pensioni:una riforma per sopravvivere" di Josè Pinera ed. Rubettino-Leonardo Facco